Inciviltà e scandalo urbanistico


scandalo urbanisticoSono trascorsi molti anni quando si consumò il più grande scandalo urbanistico italiano. Nel corso dei decenni, il tema è stato rimosso dal dibattito pubblico contribuendo a far perdere consapevolezza di un argomento politico fondamentale per il capitalismo italiano, poiché il regime giuridico dei suoli condiziona la vita delle persone mostrando il conflitto fra l’interesse generale dello Stato e l’avidità dei privati che sfruttano la rendita. Quando negli anni ’60 si scelse di cancellare la proposta di riforma urbanistica sul regime dei suoli, di fatto, l’Italia divenne il paese più liberista d’Europa.

La ricostruzione post-bellica delle città partì subito dopo il 1948 sino agli anni ’60 ma spesso avvenne senza applicare correttamente la legge nazionale 1150/1942 e senza criteri compositivi tipici della scienza dell’urbanistica, e così buona parte delle Amministrazioni locali favorirono ricostruzioni, ampliamenti ed espansioni meramente speculative seguendo le indicazioni delle élites locali che potettero accumulare capitali sfruttando il privilegio delle scelte politiche. Si abdicò l’interesse generale favorendo l’interesse dei proprietari privati che hanno saputo condizionare negativamente il governo del territorio assecondando i propri capricci, e incassare l’accumulazione del capitale senza lavorare (plusvalore fondiario) e restituendo alle città espansioni urbane con quartieri mal progettati. La conseguenza di questa scelta politica scellerata è sotto gli occhi di tutti: la famigerata “urbanistica contrattata” (che non è urbanistica), rinuncia alla pianificazione e consumo del suolo agricolo, speculazioni edilizie. Tutto ciò ha alimentato disuguaglianze territoriali, l’inquietudine urbana, i processi di gentrificazione con le gated community, e i danni ambientali irreversibili. Le conseguenze di questa inciviltà sono evidenti: il crimine dell’abusivismo edilizio favorito dai Comuni che non controllano il territorio, i danni ambientali, morti, rischio sismico e idrogeologico.

Dal secondo dopo guerra in poi, il partito comunista fu il soggetto politico scelto dai pianificatori per introdurre una riforma sul regime dei suoli, e fra il 1962 e il 1963 la proposta di Fiorentino Sullo (democristiano) fu scarta e neanche discussa. Negli anni ’60, la riforma Sullo fu un tentativo tardivo e non riuscito di porre un freno alla distruzione dei beni comuni e delle città. La Democrazia Cristiana, usando il trasformismo tipico dei politicanti per tutelare gli interessi del ceto economicamente più forte, scelse di abbandonare la riforma urbanistica mettendo in azione i media per manipolare l’opinione pubblica, e lo fece diffondendo menzogne e inventando notizie false (fake news). Sotto i colpi di un’opinione pubblica disinformata e manipolata anche il PCI ripiegò su stesso, e non seppe sostenere una riforma degna di questo nome. Il nostro Paese aprì le porte al liberalismo con conseguenze sociali, economiche e ambientali disastrose. Sui rischi speculativi della ricostruzione post-bellica circa il meccanismo della rendita, ecco il monito inascoltato di Giuseppe De Finetti (1892-1952): «a lasciar libero il mercato delle aree sarebbe il male di tutti, non appena la città tendesse a risollevarsi, a rifiorire. L’energia ricostruttiva, quella che va detta e sentita come energia vitale, sarebbe captata, assorbita per troppa parte dai proprietari fondiari che, si noti, non sono essi i determinanti della rinascita. Non fu abbastanza detto fin qui che i costruttori, coloro che speculano, che arricchiscono, che osano costruire le case, non devono essere taglieggiati da chi non rischia e non osa, ma specula attendendo: il proprietario del suolo urbano».

Oramai quasi più nessuno intende riprendere quell’esperienza ma resta il tema del corretto governo del territorio che può rimuovere disuguaglianze e affrontare problemi importanti come il rischio sismico e idrogeologico. Tutti i Paesi normali europei usano un corretto regime dei suoli per rigenerare le aree urbane, solo l’Italia resta un territorio amministrato dall’inciviltà e dall’avidità della proprietà privata diventata rendita immobiliare pura (parassitaria) che usurpa i diritti costituzionali e sta togliendo opportunità di sviluppo umano alla collettività.

Oggi non esiste alcun partito interessato a riprendere il tema del regime dei suoli, nonostante questo argomento sia una priorità. Ciò assume aspetti ambientali e politici drammatici, poiché la realtà territoriale e urbana mostra evidenti segnali di degrado che necessitano interventi di rigenerazione e manutenzione, per arrestare le speculazioni adottate da ignobili Consiglieri comunali, totalmente incapaci di interpretare un piano urbanistico e di applicare la Costituzione che ordina di conseguire l’interesse generale e non l’avidità di soggetti privati. I Comuni continuano a sprecare risorse naturali e creare disuguaglianze territoriali.

Un Paese civile ha il dovere morale e politico di riprendere il tema e riformare il regime giuridico dei suoli per applicare la Costituzione. L’urbanistica ha il dovere di tutelare il territorio e costruire diritti a tutti i cittadini, e non quello di fare profitto.

La riforma di Sullo ridisegnava il regime dei suoli, ribaltando il rapporto fra proprietà privata e il governo pubblico del territorio, in tal mondo sarebbe stato possibile associare programmazione economica e pianificazione urbanistica. La riforma prevedeva un efficace sistema di cattura della rendita fondiaria attraverso una sostanziale separazione tra la proprietà dei suoli ed il titolo ad edificare (oggi è già così poiché il diritto ad edificare è dello Stato che stabilisce attraverso un piano urbanistico chi può edificare e chi no, e poi lo concede con un permesso, di fatto il diritto ad edificare è separato dalla proprietà). Secondo la riforma di Sullo che imitava i sistemi gestionali tedeschi, scandinavi ed olandesi, i Comuni espropriavano i suoli coinvolti dal piano, poi realizzavano le opere di urbanizzazione primaria e infine avrebbero ceduto il diritto di superficie di quelle aree con un’asta pubblica. In sostanza, come già avveniva all’estero, lo Stato incassava la rendita fondiaria realizzata nelle aree a trasformazione urbanistica.

La scelta politica di rinunciare alla corretta pianificazione urbanistica e quindi la scelta di deregolamentare la rendita ha in sé un meccanismo politico molto noto, il seme della corruzione morale e materiale poiché il facile accumulo di capitali nelle mani di costruttori e immobiliaristi può favorire sistemi corruttivi. Quanto vale il danno economico della rendita fondiaria? E’ difficile misurare con precisione l’appropriazione della rendita fondiaria ma è stato possibile fare una stima al ribasso, della sola edilizia abitativa (escludendo l’edilizia commerciale, turistica …), aggregando dati ISTAT e Banca d’Italia, e usando le superfici realizzate con la ricostruzione dei prezzi reali delle case e dei terreni. Per l’Italia, è stato stimato che dal 1961 al 2011, se lo Stato avesse applicato la riforma del regime dei suoli proposta da Fiorentino Sullo, avrebbe incassato un’enormità di circa 800/1000 miliardi di euro (Blecic, Lo scandalo urbanistico 50 anni dopo, Franco Angeli, pag. 19). Questa è dimensione verosimile del furto realizzato dalla teologia capitalista, insita nella mentalità di tutti i partiti di maggioranza, a danno dello Stato e della collettività.

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16 pensieri riguardo “Inciviltà e scandalo urbanistico”

  1. […] Due esempi clamorosi già noti alle cronache: circa 5 anni, si presentò un piano attuativo firmato dall’archistar milanese Dante Benini, in pieno centro, cioè piazza della concordia che prevedeva la realizzare una torre di 30 piani; progetto mai realizzato. Poi c’è il caso dell’ex Marzotto, area che da tempo è interesse di soluzioni lottizzative, un primo piano per costruire alloggi privati risale agli anni 2011-12 (progetto vulcanica), ed oggi l’Amministrazione approva un altro piano attuativo (del gruppo Rainone-Postiglione) che prevede sempre una lottizzazione con un centro commerciale. Questi esempi, come molti altri casi “salernitani” non devono essere giudicati come casi “illegali” perché i costruttori operano in completa legittimità e legalità, ma è evidente la grave colpa della classe politica che fa l’opposto di qualunque nazione ove esiste cultura e disciplina urbanistica, e dove, guarda il caso, il settore delle costruzione non è in crisi come il nostro perché più controllato e monitorato dalla mano pubblica che, prima di tutto, si impegna ad attuare una corretta pianificazione territoriale e urbanistica per realizzare l’interesse generale: tutela del territorio, uso sociale dei suoli e controllo delle rendite. Nel nostro Paese, corretta pianificazione territoriale e urbanistica sono sparite… Sullo docet!!! […]

  2. […] In Senato è in discussione un Disegno di Legge denominato “Misure per la Rigenerazione Urbana” N. 1131 con un nuovo testo migliorato (NT1). Al di là del fatto che il nostro legislatore sia, ahimé, incapace di produrre una riforma urbanistica adeguata ai problemi delle nostre aree urbane e rurali, ad esempio adeguando la legge urbanistica nazionale (L.1150/1942), ma bisogna riconoscere che, con grande fatica, sembra voler introdurre programmi di rigenerazione urbana per consentire i Comuni di intervenire dentro le zone consolidate. Sarebbe più corretto e coerente, ad esempio, introdurre nella legge 1150/42 uno strumento attuativo denominato “Piano Particolareggiato di Rigenerazione urbana” e declinarne gli obiettivi e le regole, così come sarebbe saggio modificare gli obiettivi della pianificazione urbanistica adeguandoli alla complessa realtà urbana e rurale. Se il legislatore volesse seriamente migliorare il governo del territorio, allora dovrebbe partire dalle leggi quadro di riferimento e incidere anche e soprattutto su due aspetti economici che incidono negativamente sul disegno urbano e sulla qualità della vita degli abitanti: la rendita e il regime giuridico dei suoli. […]

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