Rinnovo urbano


Breve estratto dalla tesi di laurea magistrale in Architettura (Uni Parma, DIA) “Rigenerazione a Salerno. La rigenerazione urbana attraverso la bioeconomia”:

1.1.1.1.9       Rinnovo urbano

Negli anni ’80 una nuova generazione di piani (Roma, Madrid, Napoli e Barcellona) adottava parole d’ordine riprese oggi dalla rigenerazione urbana, “cucire”, “legare”, “recuperare” (terza generazione urbanistica); Bernardo Secchi scrive: «l’attenzione è posta prevalentemente sulle periferie esterne ed interne; sul senso, la definizione, l’identità e la riconoscibilità della città e delle sue singole parti, soprattutto di quelle periferiche, incompiute, emarginate e degradate»[1]. Il punto di vista di Secchi, circa il progetto urbano, si concentra sul progetto di suolo, cioè rigenerare la città ponendo interesse al disegno degli spazi aperti, perché sono i luoghi ove si svolge la vita degli abitanti. Secchi concentra le sue riflessioni sui nessi, o come sono chiamati oggi in-between, che legano spazio, società e progetto urbanistico. La sua proposta progettuale e normativa inserisce, sia nel piano di Jesi che in quello di Siena (1986), la rappresentazione di progetti norma che prefigurano la forma urbana, e poi nelle regole attuative abachi – immagini – delle caratteristiche tipo-morfologiche della forma urbana da progettare o recuperare. L’intenzione è quella di declinare il progetto urbanistico in forme e dispositivi capaci di lavorare sui nessi fra spazio, società e progetto, e di interpretare questi rapporti in modo specifico.

Fonte immagine Gabellini, legenda dei tipi edilizi, piano per Jesi (1983-1987) di Bernardo Secchi.
Fonte immagine Gabellini, piano per Jesi (1983-1987) di Bernardo Secchi, le aree interessate da progetti.

In Italia, la legge 431/1985 (legge Galasso) introdusse disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale recependo l’imposizione del vincolo paesaggistico su aree individuate attraverso la definzione di categorie di beni in ragione della loro singolorità geologica (rilievi, vulcani, ghiacciai, coste, etc.) o ecologica (zone umide, parchi, riserve naturali), oppure in virtù della loro capacità di testimoniare le trasformazioni dell’ambiente ad opera dell’uomo (argini, zone archeologiche, ville e giardini, etc.) o in fine per loro appartenenza a determinati soggetti (aree assegnate alle università agrarie). In seguito, per contrastare gli effetti potenzialmente negativi sia della pianificazione e sia della produzione industriale al fine di contenere il consumo del suolo e ridurre lo spreco di risorse la legge 59/1997 introduce l’Area Produttiva Ecologicamente Attrezzata (APEA) attribuendo alla Regioni il compito di inviduare la aree da destinare ad APEA e di disciplinare le modalità di acquisizione di terreni che può avvenire attraverso esprorio o metodi perequativi.

Gli anni ’80 come sopra esposto diedero inizio ai piani della cosiddetta renovatio urbis (definizione di Bernardo Secchi) che comprende una strategia di costruzione della città fatta anche da singoli interventi autonomi circoscritti a luoghi specifici, sotto forma di master plan, planivolumetrici e progetti d’area attraverso azioni puntuali e capillari di ridisegno dello spazio pubblico. Questo approccio di pianificazione strategica si è sviluppato in buona parte delle Amministrazioni locali ma ha favorito incomprensioni ed ha creato nuove questioni molto contraddittorie, poiché l’assenza di una logica che tenga insieme i diversi interventi con coerenza nella città ha creato disparità sotto il profilo morfologico e funzionale. In taluni casi, le Amministrazioni hanno favorito veri e propri processi di deregolamentazione urbanistica.

Nei primi anni 2000 si susseguono una serie di pubblicazioni che hanno come filo condutture anche la rigenerazione urbana. Peter Roberts e Hugh Sykes pubblicano il Manuale della rigenerazione urbana (Urban regeneration, a handbook). Nello stesso anno a Londra viene pubblicata una guida Urban Design Compendium dalla Homes and Communities Agency. Attualmente, in Inghilterra il legislatore promuove Agenzie di Rigenerazione Urbana (The Homes and Communities Agency, 2010) (URCs) per fornire una rigenerazione sostenibile e stimolare gli investimenti nelle città, mentre negli USA il Metropolitan Institute at Virginia Tech promuove ricerche e programmi concreti sulla “rigenerazione urbana”: Vacant Property Research Network Background (VPRN) (Metropolitan Institute Virginia Tech, 2013). Nell’ambito della ricerca accademica, per le grandi metropoli emerge il tema del giusto dimensionamento delle città abbandonate e/o in contrazione (shrinking cities), o di parti di esse che sono diventate obsolete rispetto ai cambiamenti in corso: recessione e crisi energetica. Timothy Beatley nel 2000 pubblica Green Urbanism, Douglas Farr nel 2007 pubblica Sustainable urbanism, Richard Burdett nel 2008 pubblica The Endless city. Nel 2008 Path Murphy pubblica Plan C per chiunque fosse interessato a vivere con un consumo energetico più basso, più sano ed uno stile di vita più sostenibile[2]. Nel 2012 Joseph Shilling ed Allan Mallach pubblicano una guida per i pianificatori: Cities in Transition: a guide for practicing planners[3].

Collegamenti ai paragrafi:

Collegamenti ai capitoli:

[1] Secchi, Un progetto per l’urbanistica,Torino, 1989, pag. 28.
[2] Murphy, Community solutions, (consultato il 24 giugno 2014).
[3] Il testo analizza la crisi delle città negli USA e sottolinea un aspetto culturale per la pianificazione «cities in transition must look to a new paradigm of planning oriented to sustainability rather than growth»; «le città in transizione devono guardare a un nuovo paradigma orientato alla sostenibilità piuttosto che alla crescita».
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