Breve estratto dalla tesi di laurea magistrale in Architettura (Uni Parma, DIA) “Rigenerazione a Salerno. La rigenerazione urbana attraverso la bioeconomia”:
1.1 Le sfide della rigenerazione
La rigenerazione urbana[1] è il tema urbanistico che più di altri riesce a dare risposte progettuali adeguate per l’epoca di cambiamenti e di transizione culturale che stiamo vivendo, la fine dell’epoca industriale e l’inizio di una nuova.
Il tema della “rigenerazione urbana sostenibile”, a causa dell’esaurimento delle risorse energetiche e delle pessime condizioni del patrimonio edilizio costruito nel dopoguerra, è, per gli architetti italiani, la questione prioritaria nelle politiche di sviluppo dei prossimi anni[2].
Ricercando con una certa attenzione è possibile rendersi conto che la rigenerazione urbana ha origini dalle leggi della biologia[3] e della termodinamica[4]; ad esempio in biologia l’autopoiesi è la capacità di riprodurre se stessi che caratterizza i sistemi viventi perché dotati di un particolare tipo di organizzazione, i cui elementi sono collegati tra loro mediante una rete di processi di produzione, atta a ricostruire gli elementi stessi e, soprattutto, a conservare invariata l’organizzazione del sistema[5]. Il termine resilienza è usato in meccanica, in ingegneria per indicare la capacità dei materiali a resistere, mentre in psicologia indica la capacità umana ad adattarsi e di affrontare le avversità della vita. L’approccio rigenerativo cerca di imitare gli efficienti processi naturali e suggerire di introdurre procedure ispirate dalle leggi naturali nei processi amministrativi delle istituzioni, e nei modi di pensare e fare pianificazione urbanistica. Si tratta di arricchire il significato di disegno urbano, del disegno dello spazio, riorganizzando la città contemporanea e stimolando relazioni sinergiche utili alla rigenerazione degli spazi[6].
Secondo il dizionario Treccani per rigenerazione s’intende nel senso sociale, morale o religioso, rinascita, rinnovamento radicale, redenzione che si attua in una collettività: rigenerazione morale, civile, politica di un popolo, di una nazione, della società[7] . In generale, la questione del rinnovo urbano è da qualche tempo sull’agenda politica delle nazioni industrializzate, con un peso e un’urgenza proporzionali alla longevità del fenomeno. Industrializzazione e urbanizzazione[8] sono andate a braccetto almeno da quando la macchina a vapore di Watt prima e la sua applicazione locomotiva degli Stephenson poi hanno sradicato il mondo della fabbrica dalla sua originaria localizzazione[9].
Il termine “rigenerazione urbana” appare nel lessico della pianificazione urbanistica inglese alla metà degli anni settanta, e in ambito urbanistico è possibile individuare una periodizzazione del concetto di “rigenerazione urbana” che parte dal dopoguerra – piani di ricostruzione – fino agli anni novanta, cioè dalla ricostruzione dei centri storici ed urbani promossa dallo Stato fino alla nascita delle agenzie pubbliche-private degli anni ottanta.
È parere dello scrivente che il concetto di rigenerazione così come viene proposto potrà realizzarsi se e solo se l’urbanistica, e meglio ancora il disegno urbano, saprà liberarsi del cattivo spirito neoliberista che ne pregiudica gli scopi sociali. Citando le dimensioni[10] previste da Cerdà, è necessario cambiare tre di queste: legale, economica e politica poiché il disegno urbano è stato piegato dalle condizioni dettate dall’economia e dalla finanza. L’epoca moderna ha coniugato capitalismo e disegno urbano, e i problemi sociali dei ceti meno abbienti non sono stati risolti. Manuel Castells e David Harvey riuscirono a costruire una teorizzazione del nesso esistente fra capitalismo e processo di urbanizzazione[11]. Castells lo fece sottolineando il ruolo dello Stato come garante del processo di accumulazione capitalista e gestione del conflitto sociale a scala urbana attraverso la spesa pubblica; Harvey lo fece evidenziando il ruolo del mercato immobiliare e la finanziarizzazione in funzione anticiclica dell’economica capitalista[12]. John Friedmann e Immanuel Wallerstein individuano gli spazi urbani come strumenti dei processi di globalizzazione, cioè elencano le città nelle reti globali come luoghi di produzione e processi di accumulazione del capitale, ad esempio le città della finanza e le città gateways, e gli hub come interscambio[13].
Secondo Sigfried Giedion uno dei problemi è ristabilire l’equilibrio tra la sfera individuale e quella pubblica, favorendo lo sviluppo di una struttura sociale, e tornando a una misura umana per i centri cittadini (cuore della città)[14]. L’approccio della sociologia urbana consente lo studio delle trasformazioni urbane nel tempo e nello spazio, mettendo in relazione i processi di deindustrializzazione e deurbanizzazione, con l’interconnessione globale e le reti locali, la varietà etnica e sociale e i processi di riuso che mutano l’immagine della città.
Collegamenti ai paragrafi:
- “Storia” della rigenerazione urbana
- La risposta all’industrialismo è la scienza dell’urbanistica
- Città, bellezza e socialità
- Povertà, case e quartieri
- Risanamento, trasformazione urbana e nuove città
- Elementi della composizione
- Espansione urbana, politiche abitative e studi tipologici
- Funzionalismo e recupero degli standard
- Ciclo vita delle città
- Rinnovo urbano
- Il recupero e la riqualificazione urbanistica
- Il disegno del piano e la bioregione urbana
- Crescita o rigenerazione con nuovi paradigmi culturali
Collegamenti ai capitoli:
- 1.1 Le sfide della rigenerazione;
- 1.2 I contesti territoriali;
- 1.3 Capitalismo e politiche urbane;
- 1.4 Gli aspetti legislativi;
- 1.5 Linee guida, progetto e tecniche per la rigenerazione
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