L’attuale speculazione sulle fonti energetiche fossili è un’estrazione di ricchezza finanziaria dai popoli verso le multinazionali che godono di privilegi e potere economico-politico poiché operano in regime di monopolio e/o oligopolio. Nel caso di specie, il prezzo del gas è suggerito da operatori finanziari della borsa di Amsterdam, il TTF (Title Transfer Facility) istituito nel 2003 dove contrattano produttori nazionali ed internazionali, società di stoccaggio ed operatori di rete. La responsabilità politica di questo prelievo forzoso a danno dei ceti economicamente più deboli è di tutta la classe dirigente italiana ed europea, poiché i politicanti, negli ultimi anni, non hanno voluto favorire l’impiego diffuso delle tecnologie alternative per attuare sistemi intelligenti basati sull’autoconsumo e l’autosufficienza energetica al fine di liberare le famiglie da una obsoleta dipendenza energetica fossile. L’attuale speculazione energetica assume il gusto amaro della truffa politica poiché le possibilità tecnologiche sono alla portata di tutti, ed in modo particolare in Italia che gode di una posizione geografica più favorevole per lo sfruttamento delle fonti energetiche alternative. L’Unione europea è figlia della Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio (1951), ed è un progetto geopolitico di egemonia “atlantista”, cioè figlio degli USA che hanno occupato militarmente l’Europa. Sembra che la “guerra del gas” sia una guerra al gas russo affinché i soldi europei vadano nelle tasche delle imprese americane; ma la realtà delle conoscenze tecnologiche ci insegna che è arrivata la fine degli idrocarburi come fonte primaria di energia, e l’assenza di un interesse politico europeo ed italiano produce danni economici ai ceti già deboli, poiché ricattati da un élite eversiva e degenerata che promuove guerre e distruzioni per potere ed avidità.
Le città italiane dovrebbero diventare luoghi di produzione, stoccaggio e distruzione dell’energia per autoconsumo e non per profitto. Questa strategia di sovranità energetica per le famiglie sarebbe dovuta essere realtà già da qualche anno ed il ritardo è una responsabilità del Parlamento, e non perché mancano le tecnologie per realizzarla. Il ceto dirigente politico italiano, invece, ha voluto favorire la vendita di tecnologie piuttosto che favorire reti intelligenti per l’autoconsumo, e consentire alle famiglie di raggiungere l’autosufficienza energetica che significa autonomia energetica senza dipendere da fonti esterne.
La domanda di energia elettrica di un alloggio italiano è di soli 3,3 kWh; ma transitare ad un sistema senza gas significa immaginare di stoccare almeno 8-12 kWh di energia per acqua calda sanitaria, climatizzazione e cucina, e con un consumo che potrebbe oscillare da 22 a 32 kWh al giorno. Se consideriamo anche l’auto elettrica il fabbisogno energetico sarà di gran lunga più alto, ma soprattutto si dovrebbe prevedere un impianto ad hoc per separare i flussi energetici e garantire un’autonomia energetica all’abitazione. Le tecnologie per sfruttare le energie alternative sono mature ed ampiamente presenti sul mercato, mentre la ricerca italiana dovrebbe investire su sistemi di accumulo più efficienti di quelli presenti sul mercato, poiché la transizione dalle fonti fossili a quelle alternative che utilizzano in prevalenza energia elettrica richiedono un forte aumento di kW. Pensiamo alla mobilità elettrica: sul mercato si trovano auto che accumulano anche 72 kW, pertanto l’impatto energetico è rilevante e questo significa che lo stoccaggio di energia non potrà essere soddisfatto solamente da batterie a ioni di litio, ma bisogna puntare a sistemi alternativi come l’idrogeno, ed altri ancora. Alcune imprese private stanno già commercializzando sistemi di stoccaggio alternativi alle batterie con ioni di litio.
L’Italia dovrebbe investire nella produzione innovativa di sistemi di stoccaggio per soddisfare l’interesse generale e realizzare città autosufficienti. Gli incentivi fiscali sono un sostegno economico alle imprese e non favoriscono l’obiettivo della sufficienza energetica che consentirebbe ad un condominio di acquistare efficienti sistemi di produzione e stoccaggio, e detrarre il costo per diventare autonomi ed indipendenti, anzi le agevolazioni consistono in detrazioni vincolate all’immissione in rete che non ha lo scopo di garantire un’autosufficienza per le comunità ma il vantaggio economico per le SpA che gestiscono le infrastrutture e producono energia (ARERA, TERNA, ENEL). Le norme non sono state pensate per realizzare un’autonomia energetica delle famiglie e delle comunità ma per sostenere i produttori nazionali di energia (ARERA, Terna, Enel…). In un vero mercato libero a sostegno della sostenibilità ambientale, le norme dovrebbero favorire progetti di autoconsumo dell’energia sfruttando tutte le tecnologie alternative. L’agevolazione e/o sovvenzione dovrebbe favorire progetti di autonomia ed autosufficienza energetica sfruttando tutte le tecnologie affinché interi edifici, quartieri, intere porzioni di città e città estese possano costruire reti intelligenti per autoconsumo e non per profitto; tutto ciò in Italia non è favorito nonostante sia possibile realizzare una piena sovranità energetica gestita dai cittadini attraverso cooperative e/o società di azionariato diffuso popolare.
Pensiamo ad un esempio concreto: un condominio costruito negli anni ’60 dovrebbe poter dialogare con un istituto finanziario pubblico presentando la domanda di sovvenzione diretta e/o di detrazione tutti i costi relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria ma ciò non è possibile poiché non esiste l’istituto finanziario pubblico, ed il legislatore ha consegnato i cittadini nelle mani di istituti privati burocratizzando e complicando i processi anche con aliquote detrattive differenziate per tipologia di intervento (cui prodest?) e l’installazione congiunta di solare fotovoltaico e mini eolico non è considerata. Il mercato delle ristrutturazioni oggi è stato travolto e condizionato negativamente dal famigerato supebonus110% mettendo a rischio numerose imprese artigiane. Un’analisi diagnostica sulla struttura portante dell’edificio costruito negli anni ’60 potrebbe suggerire la demolizione dell’immobile, ma il legislatore ha trascurato questo enorme problema di sicurezza e non ha previsto nessun incentivo, e tanto meno ha pensato che tali scelte dovrebbero essere fatte in ambito di pianificazione urbanistica, e non nell’ambito della deregolamentazione circa le attività edilizie libere.
Il ceto dirigente dovrebbe imparare a fare una normale programmazione economica abbinata a politiche territoriali ed urbanistiche al fine di condurre le aree urbane e rurale verso l’autosufficienza energetica, mentre il caro bollette per chi non può pagare va semplice sostenuto con le sovvenzioni. Questa guerra economica, come quella precedente della pandemia, non può essere affrontata restando sul piano teologico sbagliato che prevede la crescita del debito pubblico scaricato soprattutto sulle spalle delle famiglie (rischio aumento della fiscalità generale e stretta del patto di stabilità e crescita), il ceto politico dovrebbe avere il coraggio e l’onestà intellettuale di riconoscere il fallimento del capitalismo e programmare l’uscita dall’economia del debito; in primis scorporando e sottraendo l’aumento debito pubblico causato da pandemia e guerra economica poiché non sono il frutto di scelte politiche autonome e sbagliate ma l’aggressione esterna di eventi non voluti. Quell’aumento del debito pubblico va cancellato al fine di tutelare i diritti di tutti e soprattutto dei ceti economicamente già deboli.
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