Superbonus110%, luci ed ombre


Prima di commentare il recente provvedimento denominato Superbonus110%, è doveroso accennare alla realtà del territorio italiano costituito da aree urbane estese e rurali con seri problemi determinati da un’assenza di corretta pianificazione urbanistica e territoriale, mentre è drammatica la sottovalutazione del rischio sismico ed idrogeologico da parte del legislatore che non investe correttamente in sani processi di trasformazione urbana per risolvere vecchi problemi, ed eliminare le disuguaglianze territoriali. All’interno delle aree urbane troviamo gli edifici esistenti facenti parte di una determinata morfologia urbana, che andrebbe studiata e modificata seguendo la corretta composizione urbanistica; disciplina poco praticata dagli amministratori locali condizionati da interessi privati e rendite parassitarie. L’ambiente costruito ha numerosi edifici che stanno arrivando a fine ciclo vita, mentre altri andrebbero demoliti, e non è intelligente affrontare questo tema con la leva fiscale. Ad esempio, solo dopo un’attenta analisi urbanistica ed edilizia ci rendiamo conto se quell’isolato, quel quartiere andrebbe modificato per risolvere gravi problemi urbani (carichi urbanistici, sicurezza sismica, mobilità, servizi, energia…), mentre taluni edifici andrebbero sostituiti e quindi: qual è il senso di mettere un “cappotto” ad un edificio che andrebbe demolito? Che fine ha fatto il fascicolo del fabbricato? Nonostante la complessa realtà urbana e rurale richieda approcci culturali frutto della corretta pianificazione e della conoscenza approfondita dell’esistente, il legislatore approva un provvedimento di natura fiscale e finanziaria del tutto fuorviante circa la complessità urbana. Su questo aspetto insistono rischi di riciclaggio poiché “la cessione dei crediti vantati nei confronti dell’erario può essere oggetto di condotte fraudolente, perché aventi ad oggetto crediti di natura fittizia ovvero in quanto, rappresentando allo stesso tempo una modalità di pagamento del corrispettivo, consentono il trasferimento sostanziale di utilità finanziarie mediante il quale si realizza la fattispecie di riciclaggio”; (Fiscal Focus, P. Iaccarino, 18 feb 2021).

Il mercato dell’edilizia privata è consegnato nelle mani di banche e grandi gruppi (assicurazioni e multinazionali) che hanno altri interessi rispetto al corretto governo del territorio. Il combinato disposto fra cessione del credito, 110%, e massimali di costo, può stimolare anomalie di mercato a danno dello Stato e della collettività, oltreché esporsi a facili truffe attraverso il meccanismo finanziario delle cessioni multiple. Sulla scena delle ristrutturazioni private si presenta la figura del cosiddetto “General Contractor” (GC) che millanta di fare tutto (anticipare i costi, proporre polizze, trovare l’impresa e procacciare tecnici), ma si celano rischi e insidie. Il legislatore dimentica di imporre la qualificazione delle stazioni appaltanti e delle imprese lasciando il buon esito delle scelte a committenze inesperte, con il serio rischio di favorire la corruzione nell’affidamento degli incarichi. In qualunque Paese civile, le professioni tecniche sono determinanti e centrali in buona parte dei processi evolutivi poiché detengono il sapere tecnico, ma nel caso di specie tutto italiano, architetti e ingegneri possono essere messi ai margini dai GC, e chiamati “solo” per le asseverazioni necessarie a certificare i miglioramenti energetici e antisismici. Contrariamente al ruolo prevaricatore dei GC, nel caso del superbonus110%, i tecnici sono determinanti per avviare i processi poiché svolgono la “due diligence”, lo studio di fattibilità sugli immobili ed il progetto, com’è ovvio che sia, oltreché la direzione dei lavori da eseguire. Il GC, inventato dalla cultura liberale per gestire ed intervenire sui grandi appalti relativi alle infrastrutture pubbliche (autostrade e ferrovie), oggi entra nei condomini privati con irruenza e forza, prevaricando il mercato delle ristrutturazioni manutentive al fine di cogliere il profitto derivante dall’allettante 110%. In questo processo finanziario, innanzitutto, il GC punta a fare margine cavalcando il mercato dei crediti finanziari ma tosando tecnici e imprese artigiane. Attraverso la cessione del credito, ovviamente, ci guadagnano le banche private mentre i produttori privati (isolamento termico, infissi, impianti termici) sono favoriti dai massimali di costo poiché taluni hanno soglie superiori ai prezzi di mercato. I produttori stimolati dai massimali di costo possono legittimamente “truccare” il mercato per assecondare i propri interessi, ad esempio aumentando il prezzo di vendita fino alla soglia dei massimali di costo. In condizioni normali lo stesso prodotto (serramento) costa persino la metà, ed anche meno. Un’economia sana non dovrebbe tollerare tali manipolazioni. Questo aspetto sottovalutato dal legislatore inficia la verifica della congruità dei prezzi, compito che spetta ai tecnici abilitati, poiché un mercato manipolato dai massimali di spesa complica la composizione e la veridicità del computo metrico.

La filiera dell’edilizia può essere viziata dai GC poiché acquistano enormi quantità di materiale edilizio a basso costo, poi stoccato nei depositi, e infine tale materiale è imposto a sub appaltatori e tecnici per essere impiegati sui singoli interventi. I GC, in questo modo, fanno crescere il proprio margine già prima di intervenire mentre firmano contratti d’incarico nei condominii, e poi comprano le professionalità di tecnici ed artigiani retribuendole sotto costo per conservare alti margini. Questo approccio di rastrellamento del mercato edilizio va a danno delle ignare committenze che dovranno accontentarsi di ciò che propone il GC. Chi ci perde è lo Stato, cioè la fiscalità generale che riceve un minore gestisco fiscale ma l’attività edilizia stessa produce crescita, poi la proprietà privata che rischia di ricevere interventi poco adeguati; ci perdono anche le libere professioni svilite poiché sotto poste a concorrenza sleale e persino danneggiate e sottopagate se dipendenti dai GC, che assumono il ruolo controverso di controllori e controllati delle ristrutturazioni edilizie, con facoltà di sub appaltare singoli interventi a imprese artigiane.

Un altro aspetto evidente a chiunque è palesemente sottovalutato, e ci fa pensare all’assenza di pianificazione politica: il patrimonio edilizio esistente è così ampio e vasto che non esiste il numero di imprese e di artigiani necessari per affrontare gli interventi agevolati. Così come non ha alcun senso una normativa fiscale-agevolata così differenziata per aliquote e per singolo intervento edilizio, poiché si complicano inutilmente le scelte di vita delle proprietà immobiliari.

Il modello che si sta presentando non è affatto virtuoso come si racconta, anzi nasconde insidie e rischi sottovalutati un po’ da tutti. L’entusiasmo del settore edile non corrisponde a un’offerta di interventi realizzati necessariamente a regola d’arte, mentre la propaganda della “ristrutturazione gratuita” crea aspettative che possono diventare illusioni, e danni difficilmente recuperabili. Dopo l’approvazione del DM 6 agosto 2020 e la possibilità di avviare i lavori, i primi interventi per effetto del superbonus110% si trovano in Veneto e in Lombardia, due Regioni dove si concentra maggiormente il fenomeno del riciclaggio e dell’auto-riciclaggio, mentre il Sud resta molto indietro per diversi motivi: al Nord c’è una maggiore capienza fiscale degli abitanti, con una pubblica amministrazione più celere nel rispondere alle domande di accesso agli atti per valutare la conformità urbanistico-edilizia. Poiché l’Italia è un Paese sostanzialmente diviso dalle disuguaglianze (economiche ed amministrative), un provvedimento che non tiene conto della realtà favorisce l’aumento del divario fra Nord e Sud.  

Qual è la luce introdotta dalla norma? I cittadini condizionati dalla pubblicità della ristrutturazione gratuita iniziano a riflettere sulla rivalutazione del proprio immobile; e mentre corrono il rischio di finire sotto un treno travolti dalla stessa propaganda, potrebbero incontrare tecnici e imprese indipendenti.

Un Paese complesso e articolato come l’Italia, che soffre di immorali disuguaglianze territoriali, dovrebbe promuovere la rigenerazione urbana bioeconomica per risollevare il settore dell’edilizia, facendo bene piani e progetti. Il legislatore poteva, e doveva, perseguire l’obiettivo del risparmio energetico e della riduzione del rischio sismico, non attraverso la creazione di un mercato finanziario ma programmando investimenti sui processi di trasformazione urbana, come fanno altri Paesi da molti decenni, e lavorando su una normativa nazionale per introdurre la bioeconomia nel governo del territorio che riduce il consumo di suolo e favorisce nuovi processi industriali finalizzati all’uso razionale dell’energia. Per far ripartire il mercato dell’edilizia servono piani fatti bene basati sulla conoscenza del territorio, e poi programmare ingenti investimenti pubblici-privati per aggiustare le città fallite. Il sapere crea valore e ricchezza diffusa, e non complicati ed opachi giochi finanziari che aiutano un’industria estranea all’edilizia, mentre si celano rischi per le committenze, e possibili danni per la collettività e nuovi debiti per lo Stato senza un miglioramento effettivo per le città, dove continua l’incuria circa gravi problemi urbani (sociali, ambientali ed occupazionali).

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